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Morire di omeopatia

Che le grandi multinazionali dei farmaci guadagnino cifre da capogiro è indubbio; entro certi limiti è anche giusto, perché devono ripagare gli enormi investimenti, gli studi promettenti che non hanno portato a nulla, i lauti stipendi dei pochi grandi esperti, che vengono contesi fra i concorrenti. Oltre un certo limite non è più morale, dato che non si può consentire solo ai ricchi di accedere alle cure. Ma non è questo il punto, anche perché i farmaci omeopatici, peraltro non forniti dal sistema sanitario, non costano meno di quelli classici, anzi. Omeopati e acqua e zucchero, pardon, farmaci omeopatici, costano parecchio, e sono quindi solo i benestanti intellettualoidi che possono permetterseli.

Che poi, per effetto placebo o perché qualche oligo elemento aiuta per davvero, sulla distanza qualche effetto si possa anche vedere, sarà pure, ma che in una fase acuta la medicina omeopatica possa essere la soluzione è alquanto fantasioso. Anche perché se la vita media si è allungata, se la mortalità infantile si è ridotta è anche grazie ai farmaci, che arricchiranno pure le ditte farmaceutiche ma la vita la salvano, come avrebbero salvato quella del bambino morto per una banale otite, facilmente curabile con un antibiotico da pochi euro.

Proponiamo allora di prendere spunto dagli alimenti per celiaci, laddove si può indicare “gluten free” non se il glutine è totalmente assente, cosa a volte impossibile da misurare e quindi garantire, bensì se il livello del componente è talmente basso da risultare irrilevante. Se sulla scatola di fiale da decine di euro ci fosse scritto “acqua distillata, non sono presenti tracce di componenti attivi”, forse qualcuno in più si farebbe qualche domanda.

Ma anche i medici qualche domanda devono farsela, prima di bollare come ciarlatani i loro concorrenti alternativi: perché la gente si fida di più di queste “cure” palliative che della scienza ufficiale? Perché, come qualunque truffatore sa che per prima cosa deve conquistare la fiducia delle persone, deve ascoltarle, farle sentire importanti, degne di attenzione, di rispetto, di compassione, così il medico omeopata parte dall’ascolto, fa apparire il paziente importante, ascolta anche i sintomi irrilevanti, mentre troppo spesso il medico ufficiale guarda alla TAC, alle analisi, prescrive il farmaco senza quassi guardare in faccia il paziente ed ascoltare le sue lamentele. Magari sbuffa perché gli viene raccontato di un sintomo irrilevante, anziché cercare di capire e spiegare che non c’entra con il resto del problema. Perché il medico è oggi un grande scienziato ma un pessimo confessore. E chi sa ascoltare e far sentire il paziente accudito e protetto si fa i soldi. Tanto quanto le multinazionali del farmaco.

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