Burocrazia difensiva
In un recente post nato sull’onda dell’emotività si ironizzava (riso amaro) sull’opportunità di punire pesantemente i responsabili del crollo di un cavalcavia sulla testa di chi passava sotto. Fatto reso ancora più grave dalla circostanza che non si è trattato di un problema improvviso ed imprevedibile, o di una pur colpevole mancanza di controlli, bensì di un cedimento in atto, rilevato da un cantoniere, che ha innescato un’immediata ma pur sempre troppo lunga catena di consultazioni e decisioni incrociate.
Tuttavia occorre anche spezzare una lancia in favore del funzionario che non ha saputo o potuto intervenire in tempo. E’ vero che esiste un principio di prudenza, secondo il quale la soluzione più prudente, anche se sbagliata, è valida in caso di emergenza, almeno fin quando non interviene un esperto a definire meglio i termini. Se, ad esempio, si trova una bomba in piazza il Sindaco è legittimato a fare evacuare una zona anche vasta, magari più del necessario. Quando arrivano gli artificieri e stabiliscono che il raggio di evacuazione dev’essere la metà di quello inizialmente stabilito diventa abuso d’ufficio l’insistere con il mantenere una zona troppo ampia. Se però l’emergenza non è riscontrata possono iniziare i problemi: con che autorità il funzionario ha decretato una chiusura non necessaria? Chi risponde dei danni conseguenti? Chi gestisce i titoloni sui giornali? Chi paga la difesa legale nel processo per abuso d’autorità o simili?
Non ha senso che un cavalcavia già sotto osservazione per rischio crollo resti aperto al traffico, ma neppure ha senso che un dipendente pubblico non si senta tutelato se prende una decisione prudente volta a preservare l’incolumità dei cittadini.
In questo senso si segnala anche un articolo che illustra queste ed altre problematiche della Pubblica Amministrazione.