Ma ne valeva la pena?
E così è morto Marchionne. Non vogliamo parlare dei suoi meriti, anche se è indubbio che ha preso in mano due Società prossime al fallimento, le ha fuse e le ha rese produttive; non vogliamo nemmeno parlare delle sue colpe, dato che non si arriva a quei livelli senza calpestare qualcuno o senza fare scelte impopolari.
Vogliamo invece parlare della sua di vita: uno dei manager più pagati, si legge di stipendi intorno al milione al mese, cifra che un operaio non raggiunge in un’intera vita di lavoro, oltre ai benefit che sicuramente avrà ottenuto.
Per contro, uno stress che lo portava a fumare come una ciminiera, una vita trascorsa più sull’aereo che a terra, i figli che saranno cresciuti senza quasi conoscerlo, poche ore di sonno e la preoccupazione di dover compiere scelte che segnano i destini di troppe persone.
Ora è morto, come un suo operaio. Certo, nel letto di ospedale non aveva la preoccupazione di lasciare la famiglia nell’indigenza, ha potuto avere, per quanto inutili, le migliori cure disponibili, ma ne valeva la pena? Aver la preoccupazione di dover mettere insieme il pranzo con la cena non è né piacevole né rilassante, ma non vivere una vita autentica per guadagnare soldi che nemmeno hai tempo di spendere ha un senso?
Se dovessimo incontrarlo ora, vorremmo chiedergli se rifarebbe le stesse scelte, oppure se si accontenterebbe di una posizione meno prestigiosa, di uno stipendio un po’ più ordinario in cambio di una domenica con la famiglia, di una gita al mare senza il pensiero del successivo CDA, di una notte di sano sonno.
Ovunque tu sia, ci auguriamo che tu sia sereno, e che l’esempio più grande che possa lasciare è che da un momento all’altro il benessere passa, gli affetti autentici restano.