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Serracchiani e lo stupro

La bufera mediatica intorno alla frase della Serracchiani, che ha dichiarato che lo stupro è più grave se commesso da un richiedente asilo, è certamente giustificata dalla leggerezza con cui ne ha parlato. Ed anche parzialmente dal contenuto della dichiarazione, forse non espressa in modo chiarissimo. Chi subisce un reato, soprattutto particolarmente odioso come la violenza sessuale, non bada né al colore della pelle, né al titolo di studio, né alla provenienza etnica o geografica: la vittima viene violata punto e basta. Tuttavia che un qualunque reato – stupro incluso – sia particolarmente odioso se viene commesso da una persona che è stata accolta e ancora chiede aiuto, non sembra essere una considerazione così peregrina. Al reato in sé, già grave, si aggiunge infatti l’aver tradito la fiducia di chi ti ha accolto, aver morsicato la mano che ti ha nutrito, aver ripagato una società per la quale non hai fatto (ancora) nulla con un reato che offende non solo la persona che lo subisce ma la società stessa.

Proporre una norma per cui chi commette un reato decada automaticamente da qualunque beneficio o possibilità di asilo non sembrerebbe assurdo o lesivo dei diritti umani.

E neppure una norma che consideri un’aggravante l’aver commesso in reato mentre è in corso l’esame della domanda d’asilo.

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