I limiti della globalizzazione
No, la guerra non è mai una soluzione e non risolve i problemi, anzi, li crea. Però non vogliamo oggi aggiungere la nostra condanna alle tante che – perfettamente inutili – sono arrivate da ogni parte del mondo. Vogliamo invece osservare come nemmeno la globalizzazione abbia risolto certi problemi che affliggono il mondo. Già all’inizio della pandemia avevamo osservato come il fatto di concentrare in un’unica zona una determinata produzione, l’idea di scegliere un’area come fabbrica del mondo abbia dei grossi limiti: nel momento in cui, per qualsiasi ragione, in quell’area non è in grado di produrre o distribuire il mondo si ferma, lo abbiamo sperimentato con le mascherine, la cui produzione era concentrata in un’area della Cina e quando questa è stata colpita dal virus ci sono stati problemi a produrre e la scarsa produzione è stata naturalmente destinata alle necessità locali. Fortunatamente le mascherine sono oggetti semplici, realizzabili artigianalmente, per cui non è stato particolarmente difficile riavviare produzioni locali, ma con oggetti che richiedono attrezzature e conoscenze di alto livello occorrono anni per recuperare il gap.
Uno dei vantaggi della globalizzazione, però, si pensava fosse una maggiore pace e stabilità nel mondo: quando si costruisce un fitto scambio di relazioni commerciali nessuno ha più l’interesse di attaccare nessuno. Se tra A e B c’è un significativo scambio di beni e servizi né l’uno né l’altro ha interesse ad attaccare un suo cliente/fornitore.
Non è così: l’evidenza dei fatti ha dimostrato che un Paese come la Russia può attaccare una nazione dell’Europa, ignorando le sanzioni (che tanto non vengono scontate dai leader, ma dalla povera gente, la stessa che viene inviata in guerra) e mettendo gli altri Stati in condizione di non sapere cosa fare: se si interrompono totalmente i rapporti non si può più accedere a beni essenziali, come il gas, e delle sanzioni parziali non cambiano la situazione; viceversa a lasciar fare senza intervenire in modo efficace si dà il via libera ad altre azioni, presa di Taiwan in primis.
Allora se l’isolazionismo non funziona e la globalizzazione neppure, cosa si fa? Non abbiamo risposte, né probabilmente esiste una ricetta segreta. Però, come sempre, un po’ di equilibrio non guasta: tra creare tante nazioni-isola, modello del tutto irrealistico nel mondo moderno, e rinunciare completamente a capacità produttive importanti dev’esserci una via di mezzo.