E l’altro 50%?
Certo non si può più bloccare il mondo e comunque il covid oggi non è più così tremendo come alla prima ondata, quindi, se erano più che legittimi i blocchi e le chiusure di inizio pandemia, oggi non si può più pensare di chiudere il pianeta. Però se una zona diventa particolarmente critica, come sta avvenendo ora per la Cina, è corretto prendere qualche precauzione e ben vengano quindi i tamponi obbligatori e l’eventuale quarantena per dare il tempo di negativizzarsi. Però due considerazioni vengono spontanee: anzitutto la prima esperienza non ha proprio insegnato nulla? Quando l’Italia prese le prime precauzioni verso gli arrivi dalla Cina molti semplicemente cambiarono rotta, prendendo aerei per Vienna e simili, così da arrivare via terra senza incappare in controlli. Fare tesoro di questo pregresso per tappare i buchi proprio no? E poi un’altra considerazione è abbastanza naturale: se in alcuni voli la percentuale di positivi supera il 50%, siamo proprio sicuri che la restante metà, che ha trascorso almeno dieci ore in un ambiente chiuso con alta percentuale di positivi resti totalmente immune? Naturalmente qualcuno sarà effettivamente resistente al virus, qualcun altro avrà appena superato il covid e dispone quindi di immunità naturale, ma veramente la persona, i suoi vestiti, i suoi bagagli non veicolano il virus, anche se il tampone è risultato negativo? E poi, come sempre, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità cosa ci sta a fare? Non dovrebbe essere un organismo sovranazionale, tecnico, a dettare le regole per gestire un problema che supera i confini degli Stati e dei continenti?